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Un mercato del lavoro altamente concorrenziale richiede, ormai, una strategia di Personal Branding ossia promuovere se stessi come un brand, indipendentemente dal settore specifico di riferimento e dal proprio grado di carriera. Non solo, chi vuole fare business online ha bisogno di emergere e riuscire a far distinguere il proprio brand. Anche per un freelance, per esempio, fare (bene) personal branding può avere un ritorno concreto – ed economico – in termini di nuove collaborazioni, più clienti, nuovi progetti. In questo caso più che mai bisogna puntare sullo storytelling, sul narrare cioè la propria storia come persona e come professionista, facendosi aiutare, eventualmente, in questo racconto da persone con cui si abbia già avuto modo di collaborare e che siano in grado di fornire quindi valutazioni che verranno percepite come fondate, più naturalmente credibili.

 

Oggi si effettuano ricerche online prima di fare qualsiasi cosa, comprare l’ultimo gadget hi-tech, come prenotare una visita medica: da utenti, serve ad assicurarsi di stare facendo la scelta giusta, migliore per sé; per un professionista o, più in generale, per chi offra quel prodotto o servizio la via del personal branding è di conseguenza anche quella migliore per rendersi trovabile, migliorare, se ce ne dovesse essere bisogno, la propria reputazione o semplicemente incontrare la domanda.

Proprio a proposito del rendersi trovabile, anche per chi si affaccia per la prima volta nel mondo del lavoro fare personal branding può rivelarsi strategico.

 

Personal Branding e strategie di Content Marketing

 

Chi fa personal branding, non può mancare nella pubblicazione di «buoni contenuti e una buona organizzazione», del resto, «se si vuole essere visti come punto di riferimento in un determinato ambito, bisogna esserlo sul serio».

Di che contenuti si tratta? Come sempre quando si tratta di pensare a una strategia di content marketing serve innanzitutto valutare con attenzione il proprio target di riferimento e ciò che veramente può risultare di valore per loro. E’ importante tenere conto della profondità della relazione con lettori, clienti, fan e membri della propria community per riuscire a offrire un contenuto realmente tarato sulle loro esigenze. Il principio di fondo è: dare poco – un post su Facebook semplicemente informativo o motivazionale, per esempio – a chi chiede poco e dare di più invece in cambio di azioni più significative come un’iscrizione alla newsletter. Anche «video di personal branding danno tantissimo spessore alla propria personalità, oltre che tanto ritorno economico»

 

Il Self Brand

 

Al di là della libera professione, dei nuovi lavoratori digitali e di chi è alla ricerca d’occupazione, però, perché anche un manager d’azienda per esempio dovrebbe fare personal branding? La risposta è in parte la stessa di quando ci si chiede perché aggiornare il proprio profilo LinkedIn o il proprio curriculum anche se si sta già lavorando e non si ha in programma di cercare un nuovo impiego nel breve periodo: l’idea stessa di carriera è, come mai prima d’ora, fluida e raramente la via della completa identificazione con l’azienda per cui si lavora è funzionale tanto alla crescita del singolo lavoratore quanto ai buoni risultati dell’azienda stessa. C’entra, soprattutto, una questione di fiducia: da clienti si tende a fidarsi, infatti, più del singolo che dell’organizzazione di cui fa parte e un’azienda che sia orientata al mercato non può non comprenderlo, cercare di mostrare il suo volto umano – anche quando questo significa, appunto, incentivare i brand personali dei suoi dipendenti – e stimolare conversazioni in cui possa essere spontaneamente coinvolta. Il ritorno è, ancora una volta, concreto: ci sono statistiche sul personal branding secondo cui un contenuto aziendale è otto volte più coinvolgente quando è direttamente il dipendente, dai suoi profili social personali, a condividerlo e anche i lead generati dalle attività social dei singoli dipendenti sono sette volte maggiori.

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